Legislacion Informatica de Circolare del Ministero delle Comunicazioni 5 luglio 2005.

Circolare del Ministero delle Comunicazioni 5 luglio 2005.

Obblighi in materia di accesso ed interconnessione alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate. Interpretazione dell’art. 50, comma 1, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

Con nota del 16 marzo 2005, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana, ai sensi dell’art. 226 del Trattato CE, in relazione al recepimento
della direttiva 2002/19/CE sull’accesso alle reti di comunicazione elettronica, alle risorse correlate e all’interconnessione alle medesime.

In particolare, la procedura si riferisce all’art. 50, comma 1, 2° periodo del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) ove, nell’indicare il tipo di
investimenti effettuati dall’operatore, di cui l’Autorità possa tenere conto nell’imporre gli obblighi in materia di controllo dei prezzi di interconnessione e di accesso, la disposizione italiana prevede.

“L’Autorità, tiene conto degli investimenti effettuati dall’operatore e gli consente un’equa remunerazione del capitale investito, di volume congruo, in considerazione dei rischi connessi e degli investimenti per lo sviluppo di reti e servizi innovativi”.

La Commissione ritiene che l’inciso aggiunto nella trasposizione del CCE, relativo agli investimenti per lo sviluppo di reti e servizi innovativi possa dar luogo ad un computo di costi aggiuntivi, non
previsti dalla direttiva europea che andrebbero poi a gravare ingiustificatamente sui costi di accesso e di interconnessione alla rete.

Allo scopo di evitare ogni interpretazione del secondo periodo del comma 1 dell’art. 50 del codice delle comunicazioni elettroniche contrastante con l’efficacia reale della disposizione contenuta nella
direttiva comunitaria ovvero divergente dall’obiettivo da raggiungere da essa indicato, occorre procedere alla ricostruzione della norma nazionale in base alla sua collocazione sistematica nell’ambito delle disposizioni del codice e secondo la volontà del legislatore. Da tale operazione interpretativa può agevolmente trarsi che gli investimenti per lo sviluppo di reti e servizi innovativi risultano ancorati ai soli costi attinenti l’accesso e l’interconnessione contemplati dall’art. 13 della direttiva e sono riferibili ai soli investimenti già effettuati, ad esclusione di quelli futuri.

A tale scopo sovviene la considerazione che l’art. 50 disciplina gli obblighi in materia di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi che l’Autorità può imporre in relazione a determinati tipi di
accesso o di interconnessione, qualora, in esito all’analisi di mercato, un’impresa sia designata come detentrice di un significativo potere di mercato in un mercato specifico. Nell’imporre obblighi in
materia di recupero dei costi, l’Autorità tiene conto degli investimenti effettuati dall’operatore, compresi quelli per lo sviluppo di reti e servizi innovativi.

Si tratta, dunque, di una mera specificazione dei costi che serve a dar modo di computare, tra gli investimenti di cui tener conto genericamente indicati dalla direttiva, quelli per lo sviluppo di
reti e servizi innovativi, nei primi ricompresi.

Gli investimenti per lo sviluppo di reti e servizi innovativi riguardano, peraltro, costi imputabili secondo la ordinaria contabilità regolatoria, rilevanti e limitati esclusivamente ai servizi di accesso e interconnessione.

Ciò si desume dalla collocazione sistematica della disposizione tra quelle riguardanti gli obblighi di regolamentazione previsti per i mercati rilevanti dell’accesso e l’interconnessione.

Non rientrano, quindi, nel novero dei servizi innovativi considerabili i servizi forniti all’utente finale ovvero i servizi che forniscano contenuti o, ancora, i servizi della società dell’informazione, peraltro non rientranti nel campo di applicazione del codice delle comunicazioni elettroniche ai sensi dell’art. 2, comma 2.

Purchè inerenti all’accesso ed all’interconnessione, la circostanza che i costi siano altresì finalizzati allo sviluppo di reti e servizi innovativi non fa emergere profili di contrasto con la normativa comunitaria, che anzi contiene chiare indicazioni a favore della promozione dello sviluppo e dell’innovazione delle reti.

I riferimenti comunitari in tal senso sono molteplici; per riprenderne solo alcuni, si consideri l’art. 8, paragrafo 2, lettera c) della c.d. direttiva-quadro, secondo il quale tra gli obiettivi generali e i principi dell’attività di regolamentazione stabiliti dall’Unione europea, v’è quello di “incoraggiare gli investimenti efficienti in materia di infrastrutture e promuovere l’innovazione”, compito che viene attribuito alle Autorità nazionali di regolamentazione.

O, ancora, il Regolamento n. 2887/2000 relativo all’accesso disaggregato alla rete locale che, al considerando n. 4, evoca espressamente la Risoluzione del 13 giugno 2000 del Parlamento
europeo concernente la Comunicazione della Commissione sull’esame del quadro normativo delle comunicazioni 1999, in cui il Parlamento sottolinea che “è importante consentire al settore di realizzare infrastrutture capaci di promuovere lo sviluppo delle comunicazioni e del commercio elettronico con interventi della regolamentazione che sostengono questa crescita”.

O, ancora, la Raccomandazione della Commissione dell’11 febbraio 2003 relativa ai mercati rilevanti ai fini delle analisi di mercato che, nel delineare le linee guida destinate alle Autorità di
regolamentazione nazionale per lo svolgimento di dette analisi, precisa che “l’incentivazione di investimenti efficienti nelle infrastrutture e la promozione dell’innovazione sono obiettivi espliciti delle autorità di regolamentazione”.

D’altro canto il carattere dell’innovazione ben si ricollega all’obiettivo di efficienza e di ottimizzazione dei vantaggi per i consumatori indicato al 20° considerando della direttiva quale
criterio base per il meccanismo di recupero dei costi.

L’investimento in innovazione serve a creare servizi di accesso ed interconnessione più efficienti e la circostanza che il carattere innovativo venga espressamente contemplato dalla norma contribuisce a
fornire all’Autorità di regolamentazione una chiara indicazione per poter giudicare un certo investimento per i servizi di accesso ed interconnessione come efficiente e congruo e, conseguentemente, valutabile al fine del recupero dei costi, ma non può certamente servire a far tenere in considerazione costi non rientranti nella generale categoria di investimenti contemplati dall’art. 13 della direttiva.

È poi sicuramente da escludere che tra i costi considerabili possano rientrare quelli per investimenti futuri.

Ed invero, gli “investimenti per lo sviluppo di reti e servizi innovativi” al pari degli investimenti indicati all’inizio del medesimo periodo, sono esclusivamente gli investimenti “effettuati” e non già quelli futuri. In tal senso depone non soltanto il dato normativo letterale (giacchè, in mancanza di un espresso attributo “futuri”, gli investimenti in parola non possono che ritenersi quelli già effettuati), ma anche la prassi contabile – certamente non derogata dalla disposizione – in base alla quale il calcolo della remunerazione del capitale investito non può che essere effettuato a consuntivo, con esclusione ad ogni previsione di spesa futura.

È appena il caso di rimarcare, infine, come nessun obbligo la disposizione dell’art. 50 impone a carico dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che gode di piena discrezionalità nel
valutare ogni elemento e circostanza utile al fine di riconoscere i costi per investimenti tra quelli indicati dall’art. 13 della direttiva e dall’art. 50, comma 1, del codice delle comunicazioni
elettroniche.

Roma, 5 luglio 2005

Il Ministro delle comunicazioni: Landolfi

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